Rubina Giorgi è nata a Roma il 15 dicembre del 1930, da madre siciliana e padre torinese. Ha due sorelle più piccole, Gilberta e Angela. L’infanzia e l’adolescenza non sono, come si dice, sorridenti, favolose, cresce in difficoltà, agrezza desiderosa di tenerezza, timidezza (patologica?) desiderosa all’estremo di amicizia. Ne parla diffusamente in La vita imperfetta e in parte in L’imperfezione necessaria.
Ha iniziato e proseguito la sua attività di studiosa e di scrittrice precipuamente nell’ambito dell’Istituto di Studi Filosofici dell’Università di Roma – fondato e condotto da Enrico Castelli Gattinara con mente curiosa delle più sottili figure dello spirito e con iniziativa ben altrimenti versatile rispetto alla consuetudine accademica – dalla metà degli anni sessanta in poi, in particolare collaborando alla sua rivista “Archivio di Filosofia” e partecipando ai colloqui internazionali sulla “demitizzazione” organizzati dall’Istituto.
Per “Archivio di Filosofia” ha fra l’altro tradotto alcuni fondamentali contributi di Karóly Kerényi, collaborando con l’autore a stabilire la terminologia del suo pensiero in lingua italiana, tuttora invalsa.
Professore di Filosofia del linguaggio nonché di Estetica (Libera Docenza in Estetica conseguita negli anni settanta) presso l’Università di Salerno, su missione di tale Facoltà ha effettuato ricerche sul barocco letterario e filosofico presso diversi Istituti e Biblioteche europei (Parigi, Wolfenbüttel, Monaco, Londra).
Ha partecipato a ricerche di teoria del teatro e di drammaturgia con istituzioni teatrali e gruppi teatrali (coordinamento di G. Bartolucci, C. Quartucci ecc.).
Ad una ipotesi di estetica negativa (che attinga cioè sempre, insieme all’interesse specialistico, l’intera complessità o, se si vuole, l’intera semplicità dell’esperienza filosofica) ha lavorato nei suoi primi libri (Simbolo e schema e La riflessione simbologica).
Poi ha tentato l’elaborazione di una simbolica della mente basandosi su un materiale filosofico e letterario desunto per gran parte dall’area tedesca (barocco e Frühromantik in specie – sia sul versante Schlegel-Novalis sia su quello Creuzer-Bachofen divenuto importante, quest’ultimo, in un secondo momento per confronto con la sua concezione della filosofia come iniziazione).
La formula cui si è attenuta nel suo lavoro di scrittura è che debba farsi poesia filosofando e filosofia poetando. Ha pubblicato libri e articoli di filosofia del simbolo e di poesia, tra l’altro con Cedam, Lerici, Nuova Italia, Feltrinelli.
Uno studio di elezione sono state le tematiche della “modernità” – entro le quali sono stati provati di volta in volta, a guisa di chiave mentale, taluni aspetti di una proteiforme figura letteraria e di senso comune, il “Nessuno” o Niemand di derivazione soprattutto nordica e umanistica (oltre che ovviamente omerica).
Dalla fenomenologia di un “umano della fine” – desunta appunto dai temi del “moderno” – deriva lo studio di potenzialità visionarie del linguaggio (v. per es. Dante e Meister Eckhart. Letture per il tempo della fine).
Altri nuclei della sua ricerca dai primi anni novanta ad oggi: il romanzesco della filosofia; l’uomo doppio e il doppio pensiero; l’immagine e suoi paradossi; filosofia come iniziazione o come esercizio della mente e dell’anima.
Trovatori, stilnovisti, e in specie Dante, dalla Vita Nuova al Convivio alla Commedia, e inoltre i mistici, dal medioevo in poi, concorrono ad offrire testimonianze e documenti dell’uomo doppio e del doppio pensiero – pensiero di ragione e pensiero d’amore, uomo umano e uomo transumano (in elenco pubblicazioni: Immagini d’amore, immagini di ragione e Luoghi dell’amore). “Pensiero di ragione” e “pensiero d’amore” tessono un tragitto avventuroso di reciproco confronto, di accordo e conflitto. Un’avventura senza trionfatori, ma accesa da speranze che l’uomo si desti a sue ulteriori risorse d’intelligenza e d’amore – d’intelligenza d’amore – “nuove” da sempre.
Nell’ultima fase con la triade di saggi filosofici su base neuroscientifica (“Che farò senza il mio Ben”. Cervello, filosofia, mistica, 2011; Sofismi. Filosofia e neuroscienza, 2012; La vena nascosta, 2014) l’interesse va posto su un forte fecondo accento sull’intreccio di emotività e razionalità e sulla necessità di studiare i meccanismi cerebrali delle emozioni – e tra questi il sistema dei neuroni specchio fondamento dell’empatia – in quanto contribuiscono all’espansività e di fatto all’espansione della conoscenza, di conoscenze vitali e complesse.
Dopo il pensionamento, da Salerno si era trasferita a Macerata. La rivista Secondo Tempo le ha dedicato nel 2009 l’omaggio di un fascicolo monografico, il libro trentaseiesimo con la copertina Palinsesto (da un’idea di Dieter Grauer).
È morta in una clinica di Roma il 13 luglio del 2019.